Racconti di Maliimortacc

Da LAWiki.
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Dal Vangelo secondo Malii

In quel tempo nella valle di ny'alotha i validi condottieri dei LAW si preparavano per la battaglia finale contro N’zoth. Nel campo si percepiva la tensione, i Gildani si preparavano allo scontro. Il capo gilda Wildlord nella sua tenda studiava la strategia per sconfiggere N’zoth. Distogliendo lo sguardo dalla mappa, usci fuori per guardare i suoi gildani.

Vide che tutti erano assorti nei preparativi, Silente ripassava il percorso dei tentacoli continuando a camminare in circolo, tanto da scavare una fossa profonda , Serenellas il curatore camminava ripassando le formule di magia per curare al meglio, senza guardare dove andava, e cosi finì nella fossa, si senti un tonfo e un grido “SONO MORTO”.

Insanya, la fabia ,kytio e altri si allenavano sui manichini, i maghi Talatha, Yasminexx si allenavano a percorizzare la vittima designata Azran il paladino, una volta pecora un’ altra rana e via cosi.... Randals il mago si concentrava sulle sue magie e pensando fra se “ non devo agrare non devo agrare”,in quell'istante dalla sua bacchetta partì una fulmine che colpi alcuni animali che gironzolavano li intorno, e che rincorsero Randals per tutto il campo.

Wildlord era molto perplesso su chi scegliere.

N’zoth scontro finale

"Da troppo tempo non vedo l’azzurro del cielo e i colori che ogni alba ci dona, creando paesaggi fantastici dalle varie tonalità nei cieli di Azeroth.”

(Maliimortacc)

Nelle tende del campo dormivano ancora tutti. Wildlord no, lui era già in piedi, assorto nei suoi pensieri. Sapeva che quel giorno sarebbe stato quello dell’ultimo scontro con il Signore del Male, colui che aveva la capacità di prendere possesso anche della mente più stoica, annientandone ogni volontà e distruggendola. Sperava, però, che le protezioni donate dal Cuore di Azeroth e il mantello sarebbero serviti contro N’zoth, o che avrebbero quantomeno rallentato la corruzione della mente.

Un fruscio strappò Wildlord ai suoi pensieri, riportandolo alla realtà: era Silente. “Ho paura” disse quest’ultima, facendo apparire una rapida smorfia sul volto di Wildlord, che rispose con un laconico “Esiste qualcuno che non ne ha?” I due si misero intorno al fuoco per riscaldarsi corpo ed anima sorseggiando una tazza di caffè bollente. “Lungo la nostra strada abbiamo sconfitto molti mostri e perso molti compagni e amici. Oggi si compie il destino di Azeroth, Orda e alleanza sconfiggeranno il Male, insieme” commentò Wildlord, prima che il silenzio li avvolgesse nuovamente.

Anche quel giorno il campo si stava lentamente risvegliando, ma non era come le altre volte, non si sentivano né il brusio né le risate che accompagnava tutte le mattine il risveglio dei LAW. Quel giorno ognuno era rapito dai propri pensieri, dalla paura di non essere all’altezza.

Wild li radunò tutti, aveva il bisogno di parlare con i suoi gildani, di incoraggiarli e di far forza anche a se stesso: “Abbiamo combattuto e vinto guerre e battaglie. Abbiamo sconfitto la Legione, la Regina Azshara, i mostri di ny’alotha!” Tuonò, la voce sicura ed il tono deciso nascondevano alla perfezione le sue preoccupazioni: “Adesso siamo qui alle porte dell’antro di N’zoth e nessuno ci fermerà! Perché noi siamo i LAW! Marciamo insieme contro N’zoth!“ Alle parole del leader, tutti esultarono e, con rinnovata speranza, si prepararono per la battaglia.

Cavalcarono tutta la mattina per raggiungere l’antro dell’Antico. Davanti a loro si presentava un territorio oscuro. Ostacoli naturali di ogni genere, steli dotati di occhi, e a sbarrare l’entrata un enorme carapace, diverso da tutti quelli in cui si fossero mai imbattuti fino a quel momento: era enorme, le sue chele incutevano terrore, ma quello che preoccupava di più Wildlord erano i tentacoli che emergevano e scomparivano dal fondo paludoso. Erano alti, massicci e pieni di sacche pustolose dalle quali uscivano dei piccoli esseri indefiniti, ma pericolosi.

In aiuto di Wildlord e dei suoi uomini arrivò anche il Principe Nero, Irathion. Wild dispose gli uomini in modo da poter agire contemporaneamente su più fronti: alcuni si occupavano dei tentacoli, mentre i tank avevano il compito di tenere impegnato il carapace. La battaglia fu cruenta, ma alla fine i Law ebbero la meglio.

“Ora entrerete nella stanza dove risiede N’zoth. Lì io non potrò aiutarvi.” Disse Irathion, con voce affannata per la battaglia.

Wild radunò tutti per spiegare la tattica: “Ognuno di noi avrà un compito preciso, ma soprattutto dovrete fare attenzione alla Paranoia. Se abbassate la guardia, essa vi distruggerà la mente. Ne colpirà due alla volta, quindi chi verrà colpito dovrà avvicinarsi al centro insieme al proprio compagno. Gli altri stiano a dovuta distanza, o a destra o a sinistra, non incrociatevi mai.” Wildlord si guardò intorno “Dove diavolo è Azran?!” chiede, ma nessuno lo sapeva. “Maghi, contattatelo!”

“Azran ma dove sei?” disse Deaneris, chiamando Azran tramite il canale dei maghi. “Sono qui” rispose candidamente Azran. “Qui dove? non ti vediamo!” domandò nuovamente Deneris. Come risposta ottenne un quasi infastidito “Beh, nemmeno io vi vedo. È chiaro che non siete qui StormWind”. Deneris sbiancò. Nel gruppo calò il silenzio. Wildlord si mise le mani nei capelli, ringhiando: “summonatelo”. Quando un urlo ruppe il silenzio, tutti corsero verso Malefica, pronti a combattere, ma non videro alcun nemico. “Che succede?” chiese Wildlord, “Mi sono macchiata la tonaca nuova di Telaluna! Dannazione!” Dalle profondità della grotta si senti la voce di N’zoth: “ANNNAMO BENE”.

Wildlord pensò ad alta voce: “Non ce la possiamo fare”.

Davanti ai LAW si presentava una stanza circolare. Calpestandolo, il terreno sembrava molle e tutto il perimetro era ricoperto di aculei minacciosi, agli avventurieri avevano quasi l’impressione di essere finiti nelle fauci di un mostro colossale. Al centro della stanza c’erano una voragine: da lì sarebbe sicuramente uscito N’zoth, antico e oscuro dio, il cui unico scopo era distruggere Azeroth.

Il silenzio e la paura pervadeva tutti i membri della gilda. “Non temete...Oggi siamo qui per porre fine a questa storia ed uccidere quel maledetto mostro” tuonò Wildlord con voce sicura, “Schieratavi!”. Gli uomini e le donne presero posizione: i tank Silente e Morazan si disposero in prima fila, mentre i melè in seconda fila e i ranged in terza.

Un boato enorme fece tremare le pareti e le ossa degli avventurieri. Il momento era arrivato. Dalla voragine apparve N'zoth: un essere informe, enorme, con il corpo costellato di occhi e denti affilati, la testa e il corpo sembravano essere una cosa sola. I mille occhi dell’antico scrutarono i LAW, cercando di penetrare la loro mente,di corromperla di insidiare la paranoia, portarli alla pazzia e distruggerli. Loro, però, avevano il cuore e il mantello di Azeroth a proteggerli.

Wildlord comandò la carica, ma i Law non fecero in tempo a muoversi che vennero scagliati in un modo parallelo: davanti a loro si trovava ora una stanza uguale alla precedente, ma ricca di tentacoli ed occupata da un nemico che già avevano incontrato, il carapace. I membri della gilda si guardarono intorno e videro i loro corpi sospesi in aria: ben presto capirono che bisognava distruggere il carapace per poter ritornare nei propri corpi.

L'ultima battaglia era iniziata. lo scontro con il carapace non fu facile, ma la gilda ebbe la meglio. Dopo la vittoria si affrettarono a riprendersi i propri corpi e si ritrovarono nuovamente dinnanzi a N'zoth.

Intorno a loro la stanza si riempì nuovamente di tentacoli, ma l’aver vinto contro il carapace aveva rinfrancato gli spiriti dei nostri eroi, ed una nuova sicurezza si faceva largo in loro, o forse era per mandare via la paura che trovarono il coraggio di fare dell’ironia, infatti, Shadowbofy vedendo i tentacoli e N'zoth disse, con un sorriso beffardo: “stasera polpo con patate”, ma come accade spesso in questi casi, il sorriso si spende quando il combattente venne schiacciato da un enorme tentacolo. Ne uscì malconcio, ma fu curato immediatamente.

“Ricordate: state attenti alla paranoia, se vi prende correte vicino al vostro compagno e rimanete al centro, chi non è posseduto si metta a destra o a sinistra” si premurò di rammentare WildLord alla gilda.

La battaglia fu estenuante, il mostro tentava di entrare nella mente di ognuno di loro, e purtroppo in alcuni casi riuscì. Infatti, Malefica, Rosacroce e Morgana corsero verso Wildlord gridando “Insanya è controllato da N'zoth!” “Cosa ve lo fa pensare?” disse il capo, ma ben presto ebbe la risposta, per la precisione nel momento in cui gli passò Insanya cantando “TUTTI A DESTRA EEH EEH TUTTI A SINISTRA OOH OOH ALE' PICCHIAMO N'ZOTH”. “UCCIDETE INSANYA” gridò Wild, Insanya venne massacrato (tra l’altro con somma gioia) dalla gilda.

Anche Randals fu preso dalla paranoia, ma non ebbe il tempo di impazzire che La Fabia, con un colpo rapido e preciso delle sue lame lo trafisse. “Ma avrei potuto curarlo!” disse Arwen, che in cambio ottenne da LaFabia un sardonico “E quando mai mi ricapita una occasione del genere?”

Dopo un tempo che sembrò infinito, N'zoth cadde sotto i colpi de LAW. L’antico Dio oscuro era stato sconfitto ed Azeroth era salva. I superstiti tornarono all'accampamento, stanchi, ricoperti dal sangue e dai segni della battaglia, ma sollevati e felici per la vittoria. Era tempo di festeggiare.

In quel momento, però , un paladino avvicino al sommo, al grande, all'unico capo, il portentoso Wildlord (o almeno così gli piaceva descriversi) “Porto una missiva da Stormwind, è urgente”.

Wildlord radunò i suoi uomini: “Sylvanas ha rapito il principe Anduin Wrynn, dobbiamo partire subito!” “NO! Noi così non veniamo!” Esclamarono le ragazze dei Law “Prima andiamo dal parrucchiere e dal trasmo. Noi così in disordine non ci presentiamo, non se ne parla!”

Wildlord, dopo aver alzato gli occhi al cielo ed essersi concesso un bel sospiro, rientrò nella sua tenda borbottando fra sè e sè “Ma che gilda di Mer....”

Una Nuova Avventura

Per i Law, il ritorno dalla valle di Ny'alotha non era certo stato facile. La stanchezza e la perdita di alcuni compagni avevano reso la vittoria su N'zoth dolceamara.

Mentre tutti riposavano sulle amache sotto coperta, Wildlord era a prua della nave che guardava le onde del mare infrangersi contro la polena raffigurante una ninfa elfa della notte, la cui bellezza incantava chiunque la guardasse, come se fosse stata reale. La mente di Wildlord, però, era altrove, attanagliata in un pensiero ben preciso: il rapimento di Anduin Wrynn, erede salito al trono dopo la morte di Re Varian Wrynn, avvenuta per mano di Gul'dan nella guerra contro la Legione. Non sapeva chi l'avesse rapito, il messagio che gli era stato recapitato non diceva altro che “Per Ordine di Genn Mantogrigio, si ordina il rientro immediato a Stormwind. Il nostro amato Principe Anduin è stato rapito da forze oscure.” Si distolse da quel pensiero e lo sguardo spaziò sula nave: un galeone dedito al trasporto delle truppe portava, così come gli uomini e le donne a bordo, i segni della guerra, ma che, proprio come loro, con le sue imponenti vele sembrava veleggiare con orgoglio. Dopotutto, il nome della nave era ”Fiamma della Speranza”. Un accenno di sorriso, brevissimo, increspò le labbra di Wildlord. Al comando della nave, curiosamente, vi era uno nano di nome Throd, che proveniva dalle terre di Dun Morogh,ricche di foreste e di motagne innevate tutto l'anno. ”Non mi sono mai piaciute le montagne” borbottò Throd, porgendo un pinta a Wildlord “Preferisco il mare”. Mentre sorseggiava la sua pinta vide che lo sguardo di Wildlord si era posato nuovamente sulla polena: “bella vero? L’ho fatta scolpire dai migliori maestri d'ascia, era la mia amata.” Wildlord si girò a guardarlo, sul volto un’espressione tra lo scettico e il divertito ”un nano e un'elfa, amanti?” disse, più a se stesso che a Throd, che comunque si indisppettì “Beh, non è mica niente di cosi strano” fece un breve pausa, il tempo di un sospiro, e il suo sguardo si fece triste “Accadde durante la guerra alla legione. Una notte, nella foresta di Darkshore, mentre portava in salvo la sua gente cadde in un’imboscata, si salvarono in pochi, portati via non si sà dove...Me l'hanno portata via.“ lasciò cadere la frase, affrettandosi a voltarsi e tornarsene da dove era venuto per nascondere una lacrima solitaria che gli solcò la guancia e andò a perdersi nella folta barba. Wildlord tornò con la mente al nome della nave, adesso capiva il suo significato: la speranza di Throd di poter rivedere, un giorno, la sua amata.

Il mattino seguente il sole face capolino all'orizzonte. Il mare era calmo e liscio, il vento non troppo forte gonfiava le vele e sembrava che la nave non toccasse l'acqua, ma la sfiorasse appena, mentre il cielo cominciava a brillare di un azzurro capace di portare via i brutti ricordi. Si svegliarono tutti e salirono in coperta, a godere del sole che scaldava i loro corpi. Finalmente all'orizzonte si cominciavano a vedere le sagome delle montagne, ma più che altro si cominciava a intravedere una città: Stormwind. “Siamo a casa” urlo Stardel, con così tanta gioia e agitazione che per poco non rischiò di finire in mare, ma venne prontamente preso per il mantello da Ràdaghast. Stormwind e la capitale umana dell'alleanza più grande di Azeroth. Nessuna città era in grado di uguagliarla nel dimostrare la determinazione umana: dalla magnifica Cattedrale della luce che fungeva da importante centro spirituale, alla torre dei maghi, centro del Kirin Tor, al possente castello, dimora del Principe Anduin, alla maestosa Valle degli eroi che commemorava i sacrifici dei fedeli campioni di Stormwind, la città rappresentava davvero il cuore coraggioso dell'umanità. Finalmente attraccarono al porto, e anche se alcuni degli avventurieri speravano in un’accoglienza trionfale, nell'aria era palpabile una grande tensione, lo spiegamento di forze era notevole, confermando che qualcosa di grave era davvero successo.

Ad attenderli al porto c’era un alto funzonario del castello, che si diresse subito da Wildlord. Quando ebbero finito di parlare, Wildlord si rivolse alla gilda “Gli ufficiali mi seguano al castello, gli altri hanno la giornata libera, ci ritroveremo alla Locanda dei Soldati”. Malefica, Yasminexx, Rosacroce, LaFabia gridarono subito ”Shopping!” e sparirono nelle vie che portavano alla piazza centrale Una volta arrivate, davanti a loro si presentò un vasto mercato, ricco di ogni ben di dio: dalle stoffe pregiate e colorate provenienti da ogni parte di Azeroth, alle pietre piu preziose, armi di ogni genere, armature di ogni tipo, ai lati della piazza negozi di cappelli, parucchieri, acessori, insomma, dopo il lungo periodo alle prese con combattimenti e navi, sembrava un sogno ad occhi aperti, per cui le avventuriere si persero di buon grado nella folla. Altre, così come molti degli uomini, preferirono dirigersi subito alla locanda per fare un bagno caldo, ripulirsi dai segni della guerra e della navigazione, farsi una bevuta e togliersi quel sapore di salsedine dalla bocca. I maghi Randals e Talatha, invece, decisero di fare visita alla torre dei maghi, per apprendere nuove magie. “Vediamo di migliorare la mira magari, che ne dici?“ disse Talatha guardando Randals, che abbassò lo sguardo, imbarazzato, e bofonchiò ”Uff! Che sarà mai un aggro…”, cosa che fece apparire sul volto del mago un sorriso sarcastico “Vorrei ricordarti, Randals, che l'ultima volta che hai aggrato, ti sei portato dietro un esercito di mostri.” Puntualizzò. “Ma erano piccoli” rispose Randals “e devi ammettere che, tutto sommato, erano anche carini “. Camminarono fino al momento in cui, davanti a loro, apparve la gigantesca torre dei maghi: un cilindro alto più di tre querce di Tetrasil, altissimi alberi che superano i 20 mt di altezza e hanno una circonferenza di almeno 80 mt. “Beh, Mi ero sempre chiesto come fosse possibile che la torre ospitasse centinaia di stanze, e tutte grandi. Ora direi che ho la risposta.” Talatha, che non aveva sentito l’ultima parte della frase, appena sussurrata, stupito guardò Randals: “Forse perchè e una torre magica?”, lo canzono bonariamente, provocando un altro sorriso beffardo del mago “Ah Davvero? Non ci avevo mai pensato”. Talatha alzò gli occhi al cielo sospirando, poi insieme varcarono il portone che portava a una lunga scalinata verso l'entrata della torre e sparirono alla vista.

Silénte, un Elfo della notte druido dal corpo possente, con il volto segnato dalle numerose battaglie, era uno degli anziani ufficiali della gilda, e da ormai tempo immemore portava con sè il fratello Ràdaghast, anche lui Druido, ma più esile, piccolo e dai movimenti impacciati. “Sardanap, potresti accompagnare mio fratello alla locanda? Io devo andare al castello” chiese Silénte. “Chi?” rispose Sardanap. Da dietro Silénte spuntò Ràdaghast: ”Salve!”esclamò ”Mi chiamo Ràdaghast” disse sorridente, mentre allungava la mano per salutare. “ok.. Rad.agrat....Radafast.....Raaa......ok,Siléntino, si ti chiamerò cosi.” disse Sardanap. “Il mio nome è RA'DAGHAST” rispose indispettito il druido. “Sì, certo, certo, Tieni il passo....Siléntino”, e si avviarono verso il centro della città.

Sul porto rimasero alcuni Cavalieri della Morte. Ammiravano lo splendore delle navi da guerra dell'Alleanza e di alcune navi diverse provenienti da altre terre di Azeroth, tra di loro c'era un cavaliere che conosceva già la città, il suo nome era Malii. Malii, cavalliere della Morte sotto il dominio di Artas Re dei Linch. Un Re spietato, il cui unico scopo era non solo dominare Azeroth, ma avere il dominio sui morti. I ricordi lo riportarono indietro nel tempo, a quando, dopo la confitta di Artas per mano dell'Alleanza e dell'Orda insieme ai cavalieri della morte ribelli, il re lo volle a Stormwind per sancire un’alleanza con loro. Malii si distaccò dal gruppo e si incamminò verso il mausoleo di Re Varian Wrynn, per porgergli un saluto. Il mausoleo, situato nei giardini della città, era stato edificato in ricordo della Guerra di Legion. Malii percorse il lungo viale che portava alla tomba di ReVarian, dietro cui tre grosse lapidi con i nomi di tutti i caduti erano sorvegliate dalla guardia reale. Ai lati del viale c’erano del numerose panchine; il cavaliere si sedette su una di esse, rimase lì per parecchio tempo, fino al tramonto, ma prima del calar del buio si avviò alla locanda dove i suoi compagni si erano già radunati.


Un Giorno Gioioso

Ci fu un tempo in cui Genn Mantogrigio, l’uomo lupo, dovette combattere contro l’esercito di reietti comandati da Sylvanas per salvare la propria terra, Gilneas. Fu una guerra sanguinosa, gli abitanti di Gilneas dovettero abbandonare le proprie case e trovare rifugio a Teldrassir, presso gli elfi. Per permettere ai sopravvissuti di scappare, fu versato molto sangue. Genn era quasi caduto sotto i colpi di Sylvanas, quando suo figlio sacrificò la propria vita per lui. I padri non dovrebbero mai piangere i figli, è una condanna, e quella di Genn fu ancora più dura: divorato dal rimorso e dal senso di colpa, cominciò a nutrirsi di pensieri di vendetta, facendo dell’eliminazione di Sylvanas il suo unico scopo. Ma quel tempo è ormai passato. Scortati dalle guardie reali e dall'alto funzionario, Wildlord, Lablù, Azran e altri ufficiali varcarono il portone del castello e percorsero il lungo corridoio che li avrebbe portati proprio d'innanzi a Genn, uomo fedele a Re Varian Wrynn e ora ministro sotto il Principe Anduin, che li avrebbe incontrati nel salone della guerra, dove si fermarono. La stanza era ricca di quadri dei Re di Stormwind, di armature e arazzi, al centro ospitava un grande tavolo con sopra dipinto il mondo di Azeroth e delle terre che lo compongono. Gli ospiti furono invitati a sedersi, cosa che fecero volentieri dato che il viaggio li aveva stancati, e furono portati loro vino fresco e frutta. In attesa dell'arrivo di Genn si guardarono intorno: il castello era in fermento, guardie a tutte le porte, viavai di commensali e addetti al castello, un continuo arrivare dei messaggeri da ogni parte di Azeroth… tutto questo contribuiva a creare una gran confusione. Finalmente nella stanza entrò Genn, accompagnato da un Cavaliere d'Argento. “Cosa ci fa un Cavaliere d'Argento insieme a Genn?” chiese in sussurro Azran a Wildlord, che rispose, con fare sospettoso, che non ne aveva idea. “Salve a tutti voi” disse Genn “Vi ho convocati qui perché stanno succedendo eventi estremamente gravi. Come avete potuto apprendere dal mio comunicato, il principe Anduin è stato rapito” si concesse una brevissima pausa “E non è l’unico”. Un silenzio carico di tensione calò nella stanza, “Chi altro è stato rapito?” chiese Silente, che ottenne risposta dal Cavaliere d’Argento: “Jaina Marefiero, Thrall, Baine Zoccolo Sanguinario sono quelli di cui abbiamo certezza, ma sospettiamo ve ne siano altri.” “QUELLA MALEDETTA DI SYLVANAS! Lei li ha rapiti!” urlo Genn furente, picchiando i pugni sul tavolo e facendo un grosso respiro per calmarsi, prima di continuare: “Era una giornata di sole. Io e Anduin eravamo alla tomba del Re, quando all’improvviso il cielo si è oscurato, dalle nuvole sono apparsi degli esseri alati dalle sembianze umane che hanno usato la stessa magia che usò Sylvanas alle porte di Orgrimar. Lo hanno incatenato, il Principe ha cercato di reagire, ma è stato inutile, sono spariti fra le nuvole portandoselo via.” In sala la tensione era palpabile. Prese la parola il Cavaliere d'Argento: “Il nostro ordine sorveglia da anni la cittadella del Re dei Linch. Dopo la caduta di Arthas, il dominio dei non morti rischiava di essere fuori controllo, ma Bolvar si è sacrificato prendendo il posto di Arthas sul trono per controllare i non morti. Una mattina all'alba, mentre il sole sorgeva e il cielo era di un azzurro mai visto prima, all'improvviso apparvero nubi scure foriere di nefasti presagi, avvolsero l'intera cittadella di ghiaccio, qualcosa di grave stava accadendo nella torre più alta. A un tratto i non morti ci hanno attaccato, la battaglia fu breve e per fortuna volse a nostro favore. Organizzammo subito una spedizione verso la torre per vedere cosa fosse successo...” lasciò cadere la frase, il viso si fece tirato mentre la paura traspariva dai suoi occhi, ma deglutì e continuò “Di colpo il cielo si spaccò in mille frammenti e apparve un altro castello con le guglie rivolte verso quelle della cittadella, sottosopra. Cavalcammo verso la torre e salimmo in cima, trovammo Bovar ferito… e l'elmo che dominava i non morti spaccato in due.” Nella stanza non si udiva più nemmeno un respiro. “Bolvar ora è nell'accampamento dei Cavalieri D'argento” disse Genn “ ho predisposto che la quarta e la quinta armata di Stormwind partano immediatamente per la Cittadella di Ghiaccio, in supporto ai Cavalieri d'Argento.” Fece una pausa in cui consegnò all'attendente l'ordine di viaggio “Che partano subito”. Wildlord, alzandosi, prese parola e chiese “Quale sarà il nostro compito?” Genn rispose “Il vostro compito sarà quello di proteggere Bolvar e cercare indizi per ritrovare il nostro Principe e gli altri scomparsi. Avete quattro giorni per prepararvi. So che nelle vostre fila vi sono dei Cavallieri della morte, sono convinto che saranno indicati per questa missione. Ora andate.”

Wildlord e i suoi consiglieri lasciarono il castello e si incamminarono verso la locanda. Lungo il tragitto il comandante dei LAW rimase silenzioso. Il sole stava tramontando e la città cominciava a svuotarsi, i cittadini si chiudevano nelle loro case per paura, ronde di guardie vigilavano tra le vie, un brusio arrivava dal porto: erano le navi che salpavano, con la quarta e la quinta armata, verso Nordania. All'interno della locanda, però, l'aria era diversa, allegra e festosa. Sonyca, con un gran sorriso a cui aveva contribuito una certa dose di vino, corse incontro a Wildlord “Capo, ti do una bella notizia” sorniona, si concesse una pausa ad effetto “Malefica e Bovus… beh, SI SPOSANO!” urlò, alzando il calice che rischiò di rovesciarsi sull'armatura del capo gilda. Wildlord si avvicinò a Bovus e a Malefica, li guardò come un padre guarda i propri figli e disse “Sono felice per voi. Ma avete solo quattro giorni, perché poi dobbiamo partire per Nordania” quindi si voltò verso la grande sala e gridò a gran voce “CHE SI PREPARINO I FESTAGGIAMENTI!” poi tornò a guardare i futuri sposi, levò il calice che Bovus gli aveva dato e aggiunse “Festeggiate adesso e godetevi questa felicità, perché purtroppo giorni oscuri ci attendono” Nella sala esplose la festa e musica, danze e brindisi si protrassero per quasi tutta la notte. Ma in quel turbine di gioia, c’era qualcuno che non riusciva a condividere la felicità: Malii, che se ne stava in disparte in un angolo, guardava i suoi compagni divertirsi. Wildlord gli si avvicinò “Malii, lo so che Nordania ti evoca brutti ricordi, ma la presenza dei Cavallieri della morte è fondamentale alla Cittadella di Ghiaccio. Vorrei poter contare su di te. Sarai dei nostri?” gli chiese. Malii alzò lo sguardo, nella sua mente affioravano i ricordi di quando era stato rapito e addestrato come cavaliere. Ma nonostante questo, annuì con un cenno del capo. Wildlord non aggiunse altro, sapeva che Malii non l'avrebbe abbandonato. Il cavaliere della morte bevve l'ultimo sorso di birra e si ritirò nella sua stanza.

Non ci volle molto tempo a preparare le nozze. I maghi pensarono alla cattedrale, la allestirono con diverse varietà di fiori, gli enormi lampadari che pendevano dal soffitto illuminavano la navata di ogni colore, a terra c’erano petali sparsi ovunque e un tappeto rosso partiva dall'entrata fino all'altare cerimoniale, le colonne erano adornate con gli stendardi della Gilda. La cattedrale si riempì dei componenti della Gilda. Tutti facevano a gara per sfoggiare il vestito più bello o l'armatura più sgargiante. Azran arrivò per primo, per accaparrassi il posto migliore, facendo bella mostra della sua armatura, che era talmente lucida che chiunque passasse di lì ne approfittava per specchiarsi. Randal e Talatha battibeccavano su chi tra loro indossasse l'abito più bello, dalle loro Bacchette sprizzavano scintille e ad ogni scintilla corrispondeva un cambio d'abito. Un colpo di bacchetta colpì, forse per sbaglio, o forse no, Azran, che si ritrovò spogliato della sua lucente armatura e vestito, invece, di una sorta di costume che riproduceva un draghetto con piccole ali da fata variopinte. “Ma porca Mucca!” grido inferocito Azran. Randals nel tentativo di rimediare in fretta al danno, lo colpì con la bacchetta “Hey, ma che cav.....” Azran non fece in tempo a finire la frase che venne trasformato in una pecora. Fortunatamente, Talatha sistemò celermente la situazione riportando tutto alla normalità. Il vociare degli invitati rimbombava tra le mura della cattedrale. Lo sposo non si fece attendere troppo. Infatti, Bovus arrivò di lì a poco in groppa a un grifone Bianco: indossava una splendente armatura da Paladino ed era scortato dai suoi due compari Dahall e Stardel. Bovus si diresse verso l'altare, sembrava essere talmente emozionato da essere in imbarazzo e un po’ impacciato, tanto che rischiò di inciampare nel suo stesso spadone.

Ad un tratto calò il silenzio. All'entrata apparve uno stupendo drago bianco. In groppa aveva Malefica, elfa del vuoto. Il drago si abbassò affinché la sposa potesse scendere agevolmente. Malefica si fermò davanti all'entrata, il sole la avvolse facendo risplendere i suoi capelli viola ed esaltando il colore dei suoi occhi, di un azzurro intenso. Indossava un abito bianco con rifiniture in oro, una fascia avvolgeva i suoi fianchi rendendo il suo corpo esile e perfetto, in testa portava una corona sottile ma ricca di pietre preziose, i capelli erano raccolti e al collo brillava una collana con una pietra del colore dei suoi occhi. Due damigelle, anch’esse elfe del vuoto, reggevano il lungo velo che dalle spalle scendeva fino a terra. La sposa si avviò, tra gli sguardi sbalorditi e commossi dei presenti, verso l'altare per raggiungere il suo amato Bovus, che rimase a bocca aperta al punto che Wildlord dovette chiudergliela. Dietro l'altare si aprì una porta e apparve Serenellas, che aveva deciso di officiare personalmente la cerimonia, che durò più di un ora.

All'uscita, gli sposi furono accolti da una miriade di coriandoli e festeggiamenti, le pacche sulle spalle a Bovus non mancavano, Malefica era circondata dalle dame di Gilda che si complimentavano, alcune addirittura piangevano di gioia. Wildlord si avvicino agli sposi novelli “Oggi per voi è un giorno fantastico che non dimenticherete. E’ giusto che siate felici.” rimase per qualche secondo in silenzio e poi aggiunse “Vi esonero da questo viaggio in Nordania, andate e godetevi il vostro viaggio di nozze”. Il regalo fu decisamente gradito.

La locanda era stata preparata per il pranzo nuziale: sulla lunga tavolata ogni sorta di cibo e bevanda riempiva ogni spazio. La Gilda si riunì e cosi si diede il via ai festeggiamenti, mentre gli sposi erano già saliti in sella al drago e volavano verso le isole di Pandaria. Canti, balli, vino e birra scorsero a fiumi per tutto il giorno e parte della notte.

Il mattino seguente Wildlord si recò al castello per avere disposizioni. A riceverlo non c'era Genn Mantogrigio, ma Turalyon il gran Esarca: “Genn è già partito per Nordania. Gli ordini prevedono che la tua Gilda attraversi il portale per l'accampamento dei Cavalieri d'Argento oggi pomeriggio prima del calar del sole”. Wildlord rimase un po’ interdetto: “Un portale?” chiese. “Sì, un portale evocato dai cavalieri della morte, non dai maghi” rispose impassibile Turalyon, poi aggiunse “Il portale dei maghi può essere intercettato, quello dei cavalieri è più sicuro”. Wildlord prese la borsa con le disposizioni degli ordini e tornò alla locanda.

Malii fece visita al mausoleo del Re per un ultimo saluto prima del viaggio verso Nordania. Kafziel, anche lui un cavaliere della morte, gli si avvicinò “E' ora di andare, gli uomini ti aspettano.” Malii lo guardò, si alzò e gli pose la mano sulla spalla “Torniamo nel luogo dove abbiamo sconfitto il tiranno Arthas. Mi ero ripromesso di non rimetterci piede mai più, ma devo trovare Anduin.” I due si avviarono al castello, davanti a cui si era radunata tutta la Gilda. Wildlord parlava con Lablù, Azran e altri ufficiali. Davanti alla statua di Re Varian si apriva un portale oscuro che li avrebbe portati direttamente all'accampamento dei Cavalieri d'argento. Il capo dei LAW lo attraversò per primo, seguito dagli ufficiali e dal resto della Gilda. L’ultimo ad attraversare il portale fu Malii con i suoi uomini.

Il Cielo in frantumi

Il campo dei Cavalieri D'argento si estendeva a perdita d’occhio. Usciti dal portale oscuro si veniva immediatamente investiti dal frastuono provocato da migliaia di soldati impegnati nei preparativi e pronti a marciare. Centinaia di tende riempivano la valle della Corona di Ghiaccio, in cui Alleanza e Orda si erano riunite. Sulla destra si trovavano le tende dell'Orda, al cui centro ve ne era una enorme che ospitava il capo guerra. Sulla sinistra, invece, erano disposte ordinatamente quelle dell'Alleanza, con al centro la grande tenda di Genn Mantogrigio. Nel mezzo, a dividere le due fazioni, si ergeva maestosa la fortezza dei Cavalieri d'Argento.

Malii si guardò intorno. Tutto gli ricordava i giorni della guerra contro Artas. Guardò alle sue spalle la Cittadella di Ghiaccio, con le guglie rivolte verso il cielo, quel cielo che non esisteva più, frantumato in mille pezzi come un cristallo, oltre cui si intravedevano le guglie di un’altra fortezza. Malii si chiese cosa fosse successo e quale forza oscura sarebbe uscita da quel castello che sembrava provenire da una dimensione parallela. Il cavaliere della morte richiamò i suoi compagni e si diresse verso le tende dei LAW.

Wildlord, Silente, Azran e altri ufficiali si recarono alla tenda centrale per incontrare Genn Mantogrigio. All'entrata non vi erano guardie dell'Alleanza nè Cavalieri d'Argento, bensì alcuni cavalieri della morte, questo significava che Bolvar era nella tenda. Una volta dentro, trovarono Genn intento a studiare insieme a Bolvar la pianta della valle di ghiaccio: “Siete arrivati, finalmente.” disse Genn con aria soddisfatta “Il vostro aiuto è fondamentale, sarete voi a scortare Bolvar alla Cittadella. Avvicinatevi e aiutateci a studiare un percorso sicuro.”Wildlord si avvicinò al tavolo: “l'unica persona che può studiare un percorso sicuro in questa valle è Malii, un cavaliere della morte che la conosce molto bene.” Disse, esaminando attentamente la geografia della valle disegnata sulla mappa prima di aggiungere “troppe insidie. Non-morti, draghi scheletrici e giganti putrescenti…” lasciò cadere la frase e Genn gli rispose: “Bene, studiate un percorso con il vostro cavaliere, ma fate in fretta. Purtroppo non possiamo permetterci perdite di tempo. Ora andate.” Wildlord si congedò con un saluto militare. Arrivato alla sua tenda, mandò a chiamare Malii, che si stava dirigendo proprio da lui, e alcuni cavalieri della morte.

All'interno della tenda del capo dei Law un fuoco riscaldava l'ambiente e una pentola emanava un ottimo profumo di caffè. Malii e Kafziel entrarono, mentre Wildlord stava cercando di studiare un percorso. “Eccovi” Disse. “Il vostro compito sarà quello di scortare Bolvar all'interno della Cittadella senza essere visti. Stavo studiando un percorso”. Malii diede un rapito sguardo al percorso segnato dal capo dei Law e fece schioccare la lingua contro il palato “Se è questo il percorso che avete intenzione di fare, non arriveremo sani alla cittadella” disse in tono asciutto, facendo risentire Wildlord “Bene. Allora dimmi tu da dove passare. Non vedo altre strade sulla mappa.” Gli rispose alterandosi e facendo quasi cadere la mappa dal tavolo. Malii riprese a parlare “Durante la grande guerra contro la cittadella, trovammo un sentiero che passava sotto le arcate delle mura della fortezza... rasentavano le mura e conducevano a un imbocco che era servito durante la costruzione per portare materiali, da lì riuscimmo a entrare senza essere visti” spiegò, segnando sulla mappa un percorso. “Non sarà facile, è un percorso tortuoso, ma sicuro” aggiunse. Un lato della tenda si mosse lievemente e attirò l'attenzione di Kafziel, che si andò subito a controllare. “Qualcosa non va?” gli chiese Wildlord. “Uhm, pare di no. Mi sembrava si fosse mossa la tenda, come se qualcuno ci spiasse” Rispose Kafziel “Sarà stata solo un’impressione, forse è solo il vento” aggiunse e ritornò al tavolo.La messa a punto del piano richiese alcune ore. “Porterete con voi Silente, Azaran, Serenellas e uno dei maghi. Ora andate a riposarvi, partirete alle prime ore dell'alba” disse Wildlord ai due uomini che salutarono e si avviarono. Prima di raggiungere le loro tende Kafziel disse a Malii “Sono sicuro che qualcuno ci stesse spiando” Malii annuì lievemente e rispose “Faremo attenzione durante il viaggio. Avvisa gli altri cavalieri di prepararsi, seleziona i migliori.” I due si congedarono. Il pallido sole dell’alba si affacciò sulla valle, accompagnato da un vento gelido che attraversò le tende.

I soldati di guardia stavano stretti intorno ai fuochi per riscaldarsi, mentre nelle tende il resto dell'Alleanza dormiva. Malii, Kafziell e alcuni cavalieri della morte si avvicinarono alla tenda di Genn, ad attenderli vi erano Silente, Azran, Talatha, Serenellas e Bolvar. “Siamo pronti? Bene, è ora di muoverci” disse Malii, pronto a partire, quando un urlo squarciò il silenzio: “ASPETTATEMI!” Gridò Ràdaghast, rischiando di svegliare l'intero campo, “Ma sei impazzito?! Vuoi svegliare tutti?! Non puoi venire con noi, è pericoloso!” Lo rimproverò Silente con un sibilo furioso, prima di scusarsi con il resto del gruppo “Torna nella tenda a dormire, non farmi arrabbiare” aggiunse spingendo indietro Ràdaghast, ma quello imperterrito rispose: “Ma un curatore in più può servire! Metti che una valanga vi cada addosso, o un sarpente delle nevi morda Serenellas… o metti che mangiate dei funghi avvelenati e che finite sull'edera velenose… metti che e un ghepardo della savana vi aggredisse...” disse quasi trionfante, convinto della sua posizione. I componenti del gruppo, e anche qualche soldato di guardia che aveva udito tutta quella positività, diede dimostrazione dei più coloriti gesti scaramantici. Ràdaghast, dal canto suo, non aveva ancora finito: “Oh, io ho studiato!” concluse con fierezza. Malii, gli occhi spalancati e le sopracciglia inarcate per lo stupore, sospirò con rassegnazione “Ok, basta che stai zitto” gli disse “Stai al passo Radgrat... Rafstrg... Insomma, Silentino...” e poi, scuotendo la testa allibito “Un ghepardo della savana, assurdo.” Il gruppo si mosse verso la Cittadella.

Il vento soffiava e alzava la neve che colpiva i viaggiatori, il freddo era pungente, tutti si stringevano tremanti nei propri mantelli, ma i cavalieri della morte sembravano completamente indifferenti a quel gelo. Il percorso era insidioso, la strada costellata di stretti passaggi e strapiombi. Kafziel era troppo silenzioso, cosa che rendeva chiaro che qualcosa lo turbasse. “Che hai?” Gli chiese Malii. “Sono sicuro che ieri qualcuno ci stesse spiando, non riesco a smettere si pensarci... ho un brutto presentimento” rispose Kafziel.

Ci volle tutta la mattina, ma finalmente le mura della cittadella apparvero dinnanzi a loro. Le mura, scure e spaventose, si stagliavano alte verso il cielo in frantumi. I cavalieri della morte si fermarono, i ricordi della guerra riaffioravano in loro, insieme alla memoria dei numerosi compagni caduti per porre fine alla tirannia di Artas. L’attimo di lugubre silenzio fu interrotto da uno strano brontolio proveniente dalla pancia di Ràdaghast: “Io ho fame” disse in tono lamentoso. “Più avanti c’è una grotta che ci permetterà di riposare e mangiare” gli rispose Malii, asciutto, indicando un punto non molto distante da loro. Raggiunta la grotta Ràdaghast chiese a Talatha di accendere un fuoco magico, ma gli fu risposto che non sarebbe stato possibile, perchè avrebbe certamente attirato l'attenzione. Trascorsero un paio d’ore in cui il gruppo si rifocillò e si riposò. Approfittando della pausa, Bolvar si avvicinò a Malii che era di guardia all'entrata della grotta. “Il dolore che provi lo sento anch’io, riesco a vedere migliaia di anime perdersi e cadere in quel posto chiamato La Fauce” Malii si voltò e fisso stupito Bolvar, che continuò “Quando Sylvanas mi strappò la maschera di Artas pensai che volesse indossarla per avere il dominio sui morti... mai mi sarei aspettato che riuscisse a spezzare in due la maschera mandando in frantumi la volta celeste e aprendo un passaggio tra questo mondo e le Terre Tetre”. “Le Terre Tetre? Pensavo fossero una leggenda, una storiella per spaventare i bambini…” disse Ràdaghast, avvicinandosi ai due mentre stava mangiando un pezzo di pane accompagnato da formaggio puzzolente. “Non è così. Le Terre Tetre esistono. Sono il luogo dove le anime di morti risiedono...” improvvisamente un sibilo interruppe le parole di Bolvar e Ràdaghast cadde a terra, ferito da una freccia oscura che gli aveva trafitto un fianco. “Un’imboscata!” gridò Malii, i cavalieri corsero fuori dalla grotta mentre Serenellas si affrettò ad assistere Ràdaghast. Cercò di estrarre la freccia, ma questa si dissolse nelle sue mani, facendo impallidire l'uomo “Una freccia oscura. E’ da tempo che non ne vedevo una.” Sibilò, cercando nel frattempo di curare la ferita “Fai qualcosa! Guariscilo!” Gridò Silente preoccupato, prima di trasformarsi in orso e mettersi a protezione di Ràdaghast. “Non posso. E’ una freccia che non lascia scampo, il suo veleno è una maledizione.” Rispose il curatore. Infatti, ogni tentativo di cura non sortiva alcun effetto e Ràdaghast stava diventando sempre più pallido. Silente si ritrasformò in curatore, provando in tutti i modi ad aiutare Serenellas e salvare il fratello.

Fuori dalla grotta infuriava la battaglia. Dei banditi vestiti di scuto erano apparsi apparentemente dal nulla: erano pochi, ma ben addestrati e sembravano essere dotati di armi non di questo mondo. “Silente! Ci servi qui!” gridò Malii, ma non ottenne risposta. Lo scontro sembrava volgere a favore dei banditi, alcuni cavalieri della morte erano caduti. Bolvar, Azran, Kafziel, Malii e i cavalieri rimanenti stavano indietreggiando verso la grotta. Tutto sembrava perduto, quando un ruggito si sovrappose al frastuono della battaglia. Un enorme Felino apparve sullo spuntone che sovrastava la grotta, con lui c’erano anche altri felini, insieme balzarono giù e in breve circondarono i banditi che, ormai in netta minoranza, tentarono la fuga ma non vi riuscirono, alcuni furono uccisi, altri catturati.

Malii corse all'interno della grotta dove Ràdaghast giaceva in gravissime condizioni. La ferita procurata dalla freccia si allargava sempre di più, Silente continuava a recitare incantesimi di cura, ma nulla sembrava avere effetto. “E' una piaga della maledizione delle Terre del Terrore di Pandaria, solo i monaci dell'Isola senza Tempo possono curarlo, i vostri tentativi non serviranno a nulla. Se con voi c'è un mago che può creare un portale per l'isola, gli conviene crearlo e gli conviene farlo in fretta.” disse la felina, che abbandonò la forma animale rivelando di essere un’elfa della notte. “Il mio nome è Lablù, sono l’elfa druida a guardia della cittadella.” Malii diede ordine a Talatha di creare un portale. “Ma cosi verremmo scoperti…” provò a protestare la maga, che in cambio ottenne solo un perentorio “Fallo e basta.” Da parte di Malii. Talatha aprì il portale. “Non posso tenerlo per molto. Serenellas, Silente, attraversate il portale… salvate Ràdaghast.” Silente prese fra le sue braccia Ràdaghast e, insieme a Serenellas, attraversarono il portale che si richiuse subito dietro di loro.

Kafziel si avvicinò a un bandito che sembrava essere il capo. “Alzati maledetto! Dicci chi sei e chi ti ha mandato!” Ringhiò, sguainando una delle due spade pronto a trafiggere il bandito, ma Bolvar lo fermò. “Vediamo chi si cela dietro questa maschera” disse Bolvar strappandola via. Azran sgranò gli occhi, stupefatto nel riconoscere quel volto “Rosacroce. Tu? Perché?” le chiese. Rosacroce lo guardò con disprezzo e disse “Bolvar non deve vivere! Tutti dovete morire, tutti! Il mio padrone vi ucciderà!” Kafziel era furioso “Basta così. Uccidiamola.” Era pronto a colpire, ma Malii lo fermò. “No. Ci sono cose ben peggiori della morte ed è questo che si merita. La porteremo al campo, verrà interrogata e poi marcirà nelle segrete delle custodi sulle Isole Dispere, dove la disperazione e l'agonia sono eterne.” Disse Malii, guardandola fissa negli occhi. “Maledetti! Maledetti tutti!” gridò Rosacroce mentre veniva portata via dalle druide verso l'accampamento dell'alleanza.

Malii e il resto del gruppo raggiunsero in serata il passaggio per la cittadella, entrarono nel castello e raggiunsero la stanza di Bolvar, in cui trascorsero la notte. Bolvar accese il camino e chiese a Talatha di creare una cupola di oscurità, in modo che nessuno si accorgesse della loro presenza. Malii si svegliò, pensando di essere il primo. Il sole non era ancora sorto, ma vide Bolvar accanto alla finestra. La vista era notevole, guardando a nord si poteva intravedere la valle della Corona di Ghiaccio e le centinaia di tende, a sud la terra di Dracaombra con la sua torre dei draghi. Bolvar parlò. “C'è un portale in cima alla Torre, nella stanza del trono. Quando sarà pronto dovremo varcarlo e ci troveremo nelle Terre Tetre. Prima che gli eserciti possano varcare il portale dovremo ricomporre la maschera” Si voltò a guardare Malii e continuò “Solo voi cavalieri della morte potete ricostruirla.” Per tutto il giorno, Talatha si dedicò a schermare con la magia il passaggio che dalla torre principale portava all'entrata della cittadella. “E’ tutto pronto” disse rivolta a Malii. “Bene, comunica al campo che è ora di avvanzare.” Le rispose lui. Poco più tardi si sentirono squilli di trombe e suoni di corni, gli eserciti di Allenza e Orda si stavano muovendo.

La battaglia per Rocca della Corona di Ghiaccio stava per iniziare.